
Mentre la signora Ursula è di facile lusinga verso le richieste dell’industria chimica (come riporta Paolo Rumiz nel suo ultimo libro “Verranno di notte”) nel Chianti Storico si procede metodicamente con lo spargimento del diserbante (con trattore, botte gialla e padelle sul davanti) in un momento dell’anno in cui l’erba è immobile e le radici non assorbono sostanze nutiritive e ancor meno il prodotto di sintesi che la dovrebbe estinguere.
Il diserbante rimane sul terreno, con le piogge che lo trascinano per dilavamento, per la gioia di quelle poche lasche, trote, girini e ranocchie rimaste nei torrenti.
L’uso del diserbante fra le vigne è una pratica agricola anti – storica e assurda, superata dalla meccanica, dalla consapevolezza di un rispetto maggiore dell’ambiente nel proprio operare, in funzione di un prodotto che quando esce di cantina ha il valore di un vestito, di un gioiello di una borsa… un bene di lusso.
Diserbare le vigne alla vigilia di Natale con la campagna nel pieno letargo invernale è un modo maldestro di massimalizzare il profitto… efficace come caricare le ghiande con il forcone.