Un breve itinerario di bellezza a piedi nel Chianti, un percorso che si compie agevolmente in quaranta minuti a passo di danza che permette di rigenerare i pensieri, dar fiato ai polmoni, smuovere le papille gustative degli occhi e arrivare con lo sguardo fino alle pendici del Monte Amiata.
Partenza da Vertine, perchè da Vertine ha senso partire, leggera salita del cimitero, inizio dello sterro, costeggio del frantoio e del Podere Erbolo con con botti innalzate sul muro, leggera discesa, oliveta sulla destra, chiudere gli occhi per l’oscena cantina gialla di San Donato.
Leggera salita, madonnino e cipresso, vigne e nuvole spennellate nel celeste, immensa diritta dove hanno dato un tocco di liberazione i mezzi storici della seconda guerra alcuni mesi fa.
Cancello di ingresso di San Donato in Perano sulla destra e di fronte strada fra i cipressi che si inerpica leggermente fino al punto poggio quasi dell’altezza dei ruderi della torre di Montegrossi con una visuale di sangiovese da commozione e Chianti e poi Amiata nel lontano sfondo.
Si va avanti sotto l’ombra di pini e querce, poi la strada scende, si apre al cielo e si sconnette nel suolo, ma a piedi si percorre ad occhi chiusi.
Lo scroscio dell’acqua di un deposito, muretti a secco, una casa colonica, un viale di cipressotti scornificati dai daini e una chiesina piccina e deliziosa.
Si torna indietro, si circumnaviga la villa di Vistarenni e si arriva al melo sotto al quale c’è la stupenda presa fotografica della villa omonima di proprietà degli Strozzi, della famiglia Sonnino, del produttore cinematografico Fanfani e della rallysta Tognana.
Sul muro sottostante la villa una nicchia di madonnino celeste e un cipresso splendidamente nato nel muro medesimo.
Si torna indietro rimirando con calma le ondulatorie già viste o si scende per Visterennuzzi, Lucarelli, Le Piana, la Vigna di Gianluca, Colto alle Bolle, Vertine, ma questa è una camminata già vista.















“La velocità, credetemi, è solo una galera che rende noioso qualsiasi percorso e dilata le distanze all’infinito”.
Paolo Rumiz
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