Azienda da sempre esempio di come la variabilità delle stagioni si ripercuote nelle annate del vino prodotto.
C’è grande freschezza, fruttato, spina acida, alcol importante che non scalcia narici e brucia l’esofago, tessuti che insieme formano una veste di seta per un vino fantastico.
Le immagini corredano il post non rappresentano i vigneti da cui esce questo grande vino, ma uno scorcio di Chianti Storico al tramonto.
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a proposito di spina acida: ierlaltro sera s’è stappato uno degli ultimi Salvino 2004.
Ogni parola è superflua.
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No, invece, non e’ superflua. M’interessa sapere il responso.
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una proiezione temporale all’indietro di almeno trent’anni.
Non sono sommelliero e pertanto mi esprimo male, ma quella componente acidula che per me, avvezzo alle merende a San Regolo, ha sempre significato “vino” (e che vigliacca la miseria se riuscissi a ritrovarla in una delle bottiglie che arrivano quassù), l’ho trovata solamente in questa fra le ultime 100 che ho aperto.
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Bene. Sarei curioso di sapere anche (a) se hai aperto e bevuto anche altre annate del Salvino; (b) in caso affermativo se hai trovato anche in quelle la componente acidula che per te (e per me) ha sempre significato vino.
Siamo d’accordissimo: il vino deve “pulire” la bocca, non certo “impegnarla”.
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2005 e 2006. il secondo lo ricordo più simile al 2004.
Il fatto è che un vino siffatto io avrei la pretesa di ritenerlo un diritto quotidiano.
Purtroppo è una rarissima eccezione.
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E’ Sangiovese Dario, è Sangiovese, come ebbe a dire una cara persona purtroppo ora non c’è più.
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Non so pero’ se la particolarita’ percepita da Dario sia un carattere specifico del sangiovese, nel senso che appartiene a tutti i sangiovesi E che e’ un’esclusiva dei sangiovesi. Credo ci siano sangiovesi meno mordaci, da un lato. E che ci siano altri vitigni che invece possono esserlo altrettanto se non peggio (penso al pinot nero, tanto per dirne uno).
Sicuramente un vino come Dario ritiene sia un diritto quotidiano bere, va accompagnato al mangiare. E magari anche a un certo mangiare che forse oggi e’ diventato meno quotidiano. Pero’ se posso capire l’evoluzione degli ultimi trent’anni verso vini dal nerbo acido meno evidente (e dalle volatili meno importanti) in termini dell’evoluzione che la cucina ha avuto (e in termini dell’evoluzione che lo stesso uso del vino come accompagnamento dei pasti ha avuto verso un maggior uso del vino “per se'”), capisco molto meno, anzi per nulla, l’evoluzione verso corpi alcolici poderosi e verso tannini ultrapresenti. Se devo esser sincero, se tanto mi da’ tanto, il vino dell’oggi e sempre piu’ del domani dovrebbe essere un ventaglio generoso di tanti tipi di bianco e di rosato (magari meno “freschi” e “fruttati” e un po’ piu’ “strutturati”). Insomma tutto ma certamente non il tipico rosso italico contemporaneo da 13-14 gradi e da camicia indelebile sul bicchiere.
Del resto mi fece molto pensare quella “cena di gala” (ci sarebbe poi da discettare su questo abuso invalso recentemente di catalogare qualunque pranzo o cena sociale, ad apertura o chiusura di alcunche’, come di “gala”. ma questa e’ un’altra storia) di quell’anteprima chianticlassico di qualche anno fa, in cui fra le pietanze servite, quella che richiedeva piu’ tannino era il pollo in galantina.
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…qual’era ?il gala della collection che c’era il mangiare di tutti continenti?
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C’era un gran pesciolone ricoperto di maionese e salsa tonnata proposto di certo da qualche genio degli abbinamenti.
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Cnfermo quello che dice Dario avendo avuto l’opportunità di assaggiare il 2004… aggiungo che ha dei profumi invidiabili! Il 2005 invece credo che gli sia mancato qualcosa sicuramente a livello di clima… nel senso che sembra quasi che abbia sofferto un pochino qualcosa… ma non so che cosa… comunque ottimo da bere… il 2006 lo ritengo superbo! corpo struttura profumi e carattere… il vino che piace a me in tutto e per tutto! assolutamente perfetto!
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…chissà come sarà”con il pescione e calvè”?quest’anno la collection ”ve la fate” nei ristoranti ”sorteggiati da magamagò” 🙂
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Vorrei tornare su “pulire la bocca” come compito essenziale del vino introdotto da Filippo per dire che mi trova d’accordo. Che poi, come ci insegna Andrea, totalmente più esperto di me, questa sia una prerogativa del sangiovese, la faccio mia.
Io parto dall’abitudine costruita nell’adolescenza a bere vini “malfatti”, nel senso non omogenei, mai identici, difformi nella cromia, isterici se vogliamo, da infiascatura a infiascatura, anche se fatte nello stesso periodo.
Ma con una costante di fondo, l’acidulità, appunto, che consentiva di parificare al palato la porchetta col salcicciolo, il sugo di conigliolo coll’arista, la zuppa di pane colla panzanella.
E, seconda costante: un bicchiere di più non dava noia, anzi.
Vino da tutti i giorni, biblicamente.
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Del Salvino lascio la parola a Filippo quando passa.
Invece per quanto riguarda l’anteprima da qui a pochi giorni garantisco a Mario che io ho dato una volta alla cena di gala e non ci rimetterò più piede.
Uno perchè non la fanno più da quest’anno, due perchè c’erano troppi antani e non i ci trovo molto a mio agio.
Quest’anno cene frantumate nei vari ristoranti fiorentini fra produttori e giornalisti a seconda della fisarmonica suona….
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E’ l’acidità spina del Sangiovese (ma anche del pinò nero) la pulitrice dei sapori e degli intingoli si mangiano ed è la stessa acidità che preserva ed invecchia gentilmente un vino.
Ed è la bevibilità quella stai dicendo te Dario, quell’approccio semplice del bere vino mangiando, quel piacere combinato al cibo da un vino non denso, non marmellatoso, non alcolico come fosse un vinsanto.
Vini così nascono solo nelle zone vocate, non dove una volta mettevano i girasoli o facevano le cocomeraie.
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meno male …almeno siamo in 2 a non andarci …nonostante abbia ricevuto ”uno pseudo-invito di presentarmi ad un ristorante sopra firenze…sorteggiato”..curioso che la svolgono nei ristoranti ..dopo che l’anno scorso qualcuno decise di non fare la galà e andare da Burde…curioso davvero..
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Più che altro la formula della serata di gala pare sia stata superata per lamentele diffuse sul fatto che giornalisti di peso venivano succiati immediatamente a ben determinati tavoli e il resto dei comuni mortali doveva fare da tappezzeria…
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è vero!!…una volta ad una cena ”per l’olio dop”..intravidi un noto …anzi notissimo produttore ben ”spalleggiato” da un alto responsabile della cerimonia consortile…cambiare i cartellini segnaposti….io quella sera finii in fondo con le segretarie..un’altra volta finii…da solo ..in mezzo a 2 assenti, (per ”rimanere in tema sembravo in mezzo a 2 cipressi”) 🙂
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Rossano, hai colto nel segno. Il 2005 viene da uva che becco’ una grandinata il 3 settembre, circa due settimane prima di essere vendemmiata. Poi non fu comunque una stagione esaltante, soprattutto all’inizio.
Mi fa piacere che questo vino riscuota favori e gradimento. Dopo tutto il motivo per cui ho deciso di cominciare a imbottigliarlo e’ proprio questo, farlo incontrare con chi apprezza questo tipo di vino. Per il resto io sono totalmente incapace di vendere. Preferisco produrre, anche se non sono cosi’ sciocco da non sapere che a regola non si vende cio’ che si produce ma si produce cio’ che si vende. Tuttavia…
La sfida dei prossimi anni non sara’ pero’ riuscire a fare del vino cosi’ o cosa’, ma riuscire a farlo tout court. Riuscire a continuare a farlo. Le due vignettine sono in condizioni abbastanza pietose. Spero di riuscire a recuperare il ritardo cronico, almeno quest’anno. Quando la bella stagione arrivera’ (arrivera’, spero) contero’ i morti e si stara’ a vedere.
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Io trovo che siano ottime tutte e tre le annate di cui si parla…..
non amo fare paragoni. tra un annata e l’ altra…mi tuffo nel bicchiere e lo faccio mio….la diversità che si percepisce è l’ eccezione che distingue il buon vino !
Unico difetto del Salvino, caro Andrea e caro Cintolesi….è che bisogna vendere l’ anima al diavolo per averne qualche bottiglia 😉
Ambra
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