Dopo i tapiochi e le supercazzole del vino raccontato e recensito da prosaici rimatori, oggi si racconta qualcosa di fatto.

A novembre si è svinato dopo una lunga macerazione sulle bucce e dopo aver messo il vino a pulito, con santa pazienza si era spicciolata l’uva ferma ad appassire per il governo.

Bolliva come un treno vapore con tutti quegli zuccheri freschi nei lieviti ancora arzilli, poi il freddo ha addormentato tutto, la fermentazione si è fermata, i tartrati sono andati alle pareti, i lieviti residui a fondo.

Passato un inverno crudo in cui si è ripulito, con la primavera è ripartito e in poco tempo ha svolto malico e zuccheri.
A quel punto travaso all’aria, per far uscire per le stanze gli umori della carbonica e sentire un profumo di sangiovese come da tempo, troppo tempo non risentivo.

Il liquido è tornato a pulito nella stessa botte sempre sotto sciaguattamento ed ora che è libero da carbonica e dalla mela del malico, il profumo incanta.

Aggiunto 6 grammi di metabisolfito a hl, starà qui fermo e zitto senza rompergli l’anima fino a settembre o al primo fresco.

Caldo, freddo, aria, sbalzi termici, ossigeno, quanto basta per far inorridire i puristi del modernismo, ma il sangiovese brutta bestia vole essere questo, garbo e cazzotto in egual misura.

Non si inventa nulla, si annusa il bicchiere e ci si ricorda di capelli bianchi che c’erano ben prima di noi, inchinandoci e con medestia.

Poi una considerazione personale che non è tacciabile di supercazzola verso chi legge.

In quel vino ci sento il profumo del mare dello Stretto, come in tutte le cose buone che mi accadono e me le tengo accosto pelle.

Il vino 2008? E’ bono, mi garba!!