
Tutto ciò che pende ha una chiara impronta di fabbricazione e di riferimento in una città che a stare ai proverbi non brilla e sono lontani i tempi di Kieft, Bergren, Dunga e Simeone o del presidente Romeo Anconetani che cospargeva il campo di gioco con il sale anti malocchio.
Ogni cosa che pende è una zona franca dalla forza di gravità, che neanche un pisano illustre e non l’ultimo arrivato della scienza come Galileo è stato in grado di spiegare, salvo poi salutarmente capire che al tempo in cui è vissuto affermare che è la terra che gira intono al sole, poteva comportare di fare la fine del fegatello grigliato alla vaticana.
Ogni cosa che pende ha un chiaro diferimento d’origine: come quella maestosa vetta bianca che avrebbe dovuto fare invidia al mondo e invece, per l’unica mattonella di galestro friabile paludoso, introvabile nell’arco di qualche centinaio di chilometri, edificarci una torre.