Il post intitolato “zonazione vigneti” è la prima parte di un ragionamento e di una riflessione che prende spunto dai colori che hanno i vigneti in questo autunno benedetto dal clima morbido e caldo.
Nel post precedente proponevo di creare una carta in cui fossero raffigurati sia dove sono i vigneti, sia cosa essi contengono nella realtà, questo per una forma di rispetto verso l’appassionato del territorio e per il consumatore di vino finale.
Non è una cosa improponibile e difficile, alla mano, qualsiasi azienda ha il modello 375 dell’Artea, in cui particella per particella ha registrati i relativi vitigni e quantità, quindi il lavoro che richiede questa operazione non sarebbe nè immane, nè fantascientifico, basterebbe buona volontà e magari il Consorzio del Chianti Classico potrebbe interessarsi a questa cosa.
Girando, vagando, o solo stando fermi su qualche collina il colori dell’autunno che liberano i vigneti sono incantatori e bellissimi vi sono scorci mozzafiato che emozionano per la bellezza che emanano.
Però, se si vuole stare sul pratico, e non sul poetico, come voglio fare c’è anche da dire che questi colori dovrebbero far pensare perchè di rossi più o meno vivi, rossi gialli,verdi rossi e quant’altro, di tipico sangiovese verde/giallo se ne vede sempre meno.
Dispiace, per un conservatore vinario come sono di veder meno una tradizione e un gusto legati ad un certo modo di fare vino e di suo radicamento nel territorio, ma stando al reale, ai fatti, se un disciplinare elastico, consente di impiegare nel Chianti Classico un 20%di cosiddette uve migliorative, bisogna prenderne atto e comprendere che il Chianti Classico, inteso come tipicità o specchio di un territorio, latita.
Si trovano in bottiglia vini affinati in barriques nuove per tempo indefinito,veri panpepati vanigliosi, in botte, in inox, migliorati e tagliati con il “migliorativo” di turno che spazia dal cabernet, al merlottone, al petit verdot, al cannonau ecc.
Si può dire il vino Chianti Classico ha identità comuni dal suo confine meridionale al suo confine settentrionale?
Si può dire ha un’impronta che lo rende riconoscibile e distinguibile?
Si può capire se un vino è nato in un letto di un fiume o nelle migliori condizioni climatiche, di posizione, di altezza, ecc?
Il Sangiovese è una brutta bestia, va conosciuto, coccolato, messo nei posti che merita, sennò non darà mai il massimo di se e nonostante questo sarà sempre un vino ostico, acido, lontano da come si sono abituati i palati con acidità basse e morbidezze di velluto.
Comunque, inutile stare a sindacare quando la realtà è questa e il vino viene venduto, certe mie considerazioni sono da residuato bellico prese con i criteri del mercato.
A questo punto però sarebbe bello fare chiarezza e dire che ognuno in questo 20% migliorativo, ci metta quel che gli pare, fra le uve previste dal disciplinare di produzione però, e che questo sia finalmente e chiaramente una volta per tutte indicato in etichetta!!!

bellino l’aggiornamento del blog ci si vede mercoledì ciao ciao
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Siamo in tanti a pensarla come te , credimi, a non ragionare solo con i criteri del mercato il difficile è riuscire a creare una rete, incontrarsi,trovare il tempo da spendere per conoscersi ecc….
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Rui, continua a seguire il blog e quanto vi scrivo, ci sono idee e anche qualcosa di più, che potrebbero realizzarsi presto.
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Il problema sollevato da Rui e’ serio e reale. Il tempo per incontrarsi, coltivare le relazioni eccetera non e’ abbondante, soprattutto se ci si deve occupare di molti aspetti anche materiali e concreti della propria attivita’. Per questo io credo che grande importanza debba avere la parte locale di una simile rete, senza escludere chiaramente la possibilita’ di estendere i contatti anche a distanza, ma e’ ovvio che, soprattutto se si vuole fare qualcosa oltre al semplice scambio di prodotti, un forte zoccolo locale (o quasi-locale) e’ importante.
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